Si può rendere sostenibile l’universalismo del SSN?
Il Servizio Sanitario Nazionale italiano è da decenni tra i meno finanziati in Europa, per una cifra oggi pari al 6,3% del PIL, pur essendo il secondo Paese più anziano al mondo. Per portare la sanità pubblica italiana ai livelli dei grandi Paesi europei servirebbero almeno 40 miliardi, vale a dire metà dell’attuale spesa annua per l’istruzione. Una cifra enorme, in uno scenario caratterizzato da una situazione demografica critica che implica un’elevata spesa pensionistica e minore popolazione in età da lavoro.
Sono alcune delle principali evidenze dell’edizione 2024 dell’Osservatorio sulle Aziende e sul Sistema sanitario Italiano (OASI), pubblicato oggi dal Centro di Ricerche sulla Gestione dell’Assistenza Sanitaria e Sociale (CERGAS) di SDA Bocconi School of Management.
Il rapporto è stato presentato oggi nel corso di un evento al quale hanno partecipato 33 relatori e 1.800 manager della sanità.
Il rapporto, giunto alla sua 25esima edizione e diventato il punto di riferimento per l’analisi dei cambiamenti in corso nel Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e nella sanità italiana, offre una fotografia dello stato di salute del sistema e propone misure utili alla risoluzione delle principali criticità identificate.
L’analisi, elaborata dal gruppo di ricerca coordinato da Francesco Longo, Associate Professor dell’Università Bocconi e da Alberto Ricci, Associate Professor of Practice di SDA Bocconi, identifica le criticità principali del SSN che, pur proponendosi come servizio sanitario universalistico, risulta incapace di fare fronte ai bisogni crescenti dei cittadini, in particolare della popolazione cronica (pari al 41% dei residenti) e della popolazione anziana non autosufficiente (4 milioni di persone).
“La sanità italiana è ad un punto di svolta: l’Italia è ormai il secondo Paese più anziano al mondo, la spesa sanitaria è rimasta costante nel tempo, mentre le esigenze dei cittadini continuano a evolversi e questi si aspettano un servizio sostenibile ed efficiente,” ha detto Francesco Longo. “La realtà è però sotto gli occhi di tutti: il SSN presenta evidenti contraddizioni che peggioreranno in mancanza di una rivoluzione nelle logiche di governo del sistema, indebolendo il tessuto delle aziende del SSN.”
Se Francia, Germania e Regno Unito finanziano i rispettivi sistemi sanitari nazionali intorno al 9-11% sul PIL, l’Italia si è mantenuta costante nel tempo intorno al 6,3% sul PIL, cifra che si prevede resterà sostanzialmente invariata nel 2025 e 2026. Contrariamente a quanto si possa pensare, anche la spesa sanitaria privata cresce meno del PIL, e si attesta al 2,2% nel 2024 - circa il 26% della spesa sanitaria complessiva. Il dato, in sostanziale continuità con gli anni precedenti al Covid-19 – è chiaro: l’Italia non è disponibile a spendere per la salute, né pubblicamente, né privatamente.
Rendere sostenibile l’universalismo è la vera sfida che la sanità pubblica italiana ha davanti a sé: è necessario prendere atto di questo vincolo e ragionare soprattutto su come mettere ordine al sistema, dove attualmente le priorità di accesso ai servizi sono spesso casuali, dunque poco efficaci e poco eque - basti pensare che gli anziani cronici in buona salute si dimezzano se si passa da chi è laureato a chi ha licenza elementare. I consumi delle stesse prestazioni sanitarie variano anche del 100% tra territori simili di una stessa Regione e c’è un forte divario tra quanto prescritto e quanto erogabile e ciò danneggia inevitabilmente la reputazione del SSN.
Per rispondere a tali criticità, il Rapporto OASI 2024 individua e percorre quattro prospettive di policy che, introdotte individualmente o in combinazione tra loro, porterebbero a miglioramenti significativi del SSN e del suo supporto ai cittadini:
Governare le aspettative: esplicitare i limiti del SSN e ridefinire i criteri di priorità per le prestazioni esigibili è il primo passo fondamentale per allineare le aspettative dei cittadini alle risorse effettivamente disponibili. Identificare i target prioritari, come pazienti cronici o persone con bassa autosufficienza, e comunicare chiaramente le prestazioni garantite, semplificherebbe il sistema e il relativo accesso. In questo modo, si arriverebbe progressivamente ad una maggiore convergenza tra il prescritto e l’erogabile dal SSN.
Efficienza impopolare: ottimizzare la rete ospedaliera riconvertendo le strutture più piccole e frammentate, riorientandole verso i servizi territoriali. Accorpare servizi ambulatoriali e laboratori, soprattutto nelle aree con densità eccessiva di strutture. Intervenire su ospedali di medie dimensioni che non raggiungono i volumi necessari per garantire qualità e sostenibilità. La costruzione o il rinnovo delle case della Comunità rappresenta, per fornire un esempio concreto, una grande opportunità per accorpare servizi territoriali in precedenza dispersi e frammentati.
Aumentare le risorse per il SSN: adottare strategie già sperimentate in altri Paesi, come l’aumento delle compartecipazioni per alcune prestazioni, oppure l’introduzione di assicurazioni integrative per il loro rimborso, la revisione delle allocazioni di spesa pubblica per aumentare il finanziamento alla sanità; si tratta, in tutti i casi, di proposte non semplici da tradurre nell’attuale contesto politico e sociale italiano.
Rivoluzionare la geografia e i formati dei servizi: digitalizzare i servizi sanitari specializzati attraverso la diffusione di strumenti di autocura per i pazienti cronici e l’implementazione di sistemi di telemedicina, ad esempio per le visite specialistiche. Ridisegnare i ruoli professionali favorendo la collaborazione orizzontale e una maggiore integrazione tra competenze nuove e ordini professionali tradizionali, ad esempio introducendo figure quali il case manager amministrativo del service center per la presa in carico della cronicità.
“La consapevolezza delle evidenze dello scenario attuale, seppur critiche e complesse, è il primo strumento che i manager del SSN hanno per continuare a crescere e ad essere generativi. Il nostro Rapporto offre le basi per avviare il confronto tra tutti gli attori del sistema sanitario italiano e, auspicabilmente, imprimere una nuova rotta dai più alti livelli del sistema Paese,” ha concluso Alberto Ricci.